[Recensione]Another Code: R

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  1. Brutus Wolf
     
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    L’uscita del Nintendo DS nel 2005 venne supportata da diversi giochi che cercavano bene o male di introdurre il touch screen nel gameplay proposto. Tra le sorprese più piacevoli della prima generazione di titoli si può annoverare tranquillamente Another Code: Two Memories, avventura grafica che attraverso l’innovativo sistema di controllo, regalò enigmi e metodi di risoluzione decisamente insoliti rispetto a quanto visto in passato. Il giocatore seguiva la vicenda di Ashley Mizuno Robins, giovane quattordicenne, chiamata sull’isola di Blood Edward dal padre creduto morto. La vicenda si sviluppava alternando alcuni risvolti paranormali ad altri maggiormente classici dei libri gialli e dei thriller e, sebbene la sua durata non fosse particolarmente alta, riuscì ad intrattenere ed incantare i giocatori facendo sperare in un suo seguito. Ora le nuove avventure di Ashley sono arrivate, ma non più sul portatile Nintendo, bensì sulla sua console da salotto.
    Gli Sviluppatori Cing saranno riusciti a portare tutto il divertimento e il mistero del predecessore anche in ?

    Un libro in TV
    La nuova avventura di Ashley si svolge due anni dopo gli avvenimenti raccontati in Two Memories. Nonostante il ritrovamento del padre nel primo capitolo, le promesse inerenti al fatto che sarebbero rimasti finalmente insieme non sono state mantenute e il lavoro ha rapidamente inglobato la vita di Richard Robins, allontanandolo da quel che resta della sua famiglia. La nostra protagonista è cresciuta e con essa il suo comportamento e le sue passioni. Tutto inizia quando riceve un invito dal padre che le chiede di raggiungerlo al campeggio di Lake Juliet, luogo dove svolge i suoi esperimenti sulla memoria e sui quali ha dedicato la vita. Nonostante l’astio della ragazza causato da promesse mai mantenute, Ashley deciderà di partire e di incontrare il proprio genitore, desiderosa di avere risposte riguardo ai tanti di lontananza.
    Dopo aver scelto uno dei sei slot per i salvataggi messi a disposizione, verrete catapultati nella storia e già dopo pochi minuti vi ritroverete alla fermata dell’autobus di Lake Juliet. Qui assisterete ad una serie di eventi decisamente misteriosi e in diversi casi criptici: per prima cosa Ashley non troverà Richard ad aspettarla e cosa ben più grave, verrà derubata della sua valigia e di tutti i suoi effetti personali. In più alcuni ricordi latenti di Ashley torneranno a galla poco dopo l’arrivo, arrivando a far rivivere dei flashback in cui la ragazza era già stata a Lake Juliet e per di più in compagnia della propria madre, Sayoko, uccisa tredici anni prima in circostanze misteriose e mai accertate. Lungi da noi raccontarvi altro, visto che la struttura di questa avventura si basa enormemente sulla trama narrata, vi vogliamo solo avvertire che, anche se il gioco può essere affrontato senza aver giocato al predecessore, aver completato il precedente lavoro di Cing renderà l’esperienza più coinvolgente e farà emergere alcune sottigliezze altrimenti non individuabili. Sarà comunque presente in itinere un brevissimo riassunto di quanto accaduto precedentemente.
    Una breve riflessione: sulla copertina del gioco si può facilmente leggere il paragone tra questo titolo e un libro giallo. Proprio come un romanzo infatti, si sviluppa l’intera vicenda, dividendosi in capitoli e andando a delineare in maniera crescente tutte le trame e sottotrame presenti. L’unico appunto che può essere mosso in questo senso riguarda la mancata portabilità di un comune libro. Se infatti il prequel poteva essere infilato in tasca e goduto all’aria aperta, al mare o in un prato grazie alla portabilità della console su cui era stato progettato, il seguito rinuncia a questa possibilità per regalare un immedesimazione che solo il Wii Remote può offrire. Vediamo come.

    Cara vecchia avventura grafica
    Come abbiamo descritto in precedenza, il fascino di Another Code: R si basa principalmente sulla trama narrata e dal tipo di enigmi che vengono proposti al giocatore. Questa struttura propria di un’avventura grafica è stata rivista nei controlli e nelle visuali, andando a semplificare gli spostamenti, ma lasciando intatte le fasi di ricerca degli oggetti e soprattutto del loro funzionamento.
    I movimenti tra gli scenari saranno lineari e potranno avvenire solo verso destra o verso sinistra. Se vi troverete in prossimità di un bivio potrete scegliere la direzione da prendere selezionando la freccia che comparirà a schermo. Tutto funziona attraverso la funzione di puntatore del Wii Remote, ma per chi preferisse un metodo di controllo tradizionale verrà in soccorso l’uso della croce direzionale posta sul controller. Discorso diverso per quanto riguarda le ambientazioni in cui dovrete raccogliere oggetti e indizi per progredire. La visuale vi metterà al centro dello schermo e attraverso delle frecce potrete girare la visuale a trecentosessanta gradi. Passando sopra agli oggetti esaminabili li vedrete diventare gialli e con la pressione del tasto A potrete ottenere una descrizione. Se l’item esaminato potrà tornarvi utile, Ashley lo prenderà direttamente, mettendolo nel vostro inventario pronto per essere usato o combinato con eventuali altri aggetti. La presenza di questi enigmi è discreta, ma spessissimo la loro semplicità e ovvietà potrebbero essere viste dai veterani delle avventure grafiche come troppo semplicistiche e di routine. Ashley o altri personaggi si lasciano spesso andare a considerazioni piuttosto indicative su come o dove usare un determinato oggetto, lasciando poco spazio all’intuizione del giocatore. Per fortuna però il modo di proporsi al giocatore riesce ad essere sempre ben strutturato e non si segnalano mai enigmi illogici o troppo cervellotici.
    A questo tipo di enigmi piuttosto classici per il genere si affiancano quelli che fanno largo uso di DAS e TAS. Dietro a questi acronimi si nascondono due strumenti assolutamente originali per un gioco di questo tipo: il primo è la riproduzione del Nintendo DSi, mentre il secondo riproduce il Wii Remote. Se il primo ricrea alcune funzioni già viste nel precedente Another Code, aggiungendo però una fotocamera utile per risolvere indizi basati sul confronto tra immagini, il secondo ha utilizzi decisamente più vari e particolari, capaci di venir fuori di volta in volta in base alle situazioni. Inoltre i controlli attraverso i sensori di movimento riescono a donare nuova linfa ed immersività ad enigmi che altrimenti, in alcuni rari casi, potrebbero sapere di deja-vu.
    Infine trattandosi di un’avventura grafica non si possono tralasciare i dialoghi tra Ashley e i vari comprimari. Essi avvengono quasi in automatico, dividendo lo schermo in due grandi riquadri che incorniceranno i volti dei protagonisti. A volte alcune frasi dette dall’interlocutore potrebbero richiedere ulteriori domande di approfondimento, ma anche in questo caso il tutto avviene quasi automaticamente visto che alla fine del colloquio potrete scegliere i nuovi quesiti da porre. In altri momenti invece potrete fornire voi stessi le risposte che saranno visibili in due riquadri: verrà qui mimata la reazione di risposta e apparirà una brevissima descrizione testuale. Semplice ed intuitivo.

    Acquarelli e poligoni
    Lo stile grafico adottato riesce a far convivere il cell shading dei personaggi con sfondi e ambientazioni fatte ad acquarello, rendendo l’esperienza piacevole da guardare e da giocare. Certo, le animazioni potevano essere un po’ più realistiche e meno enfatizzate in alcuni frangenti ma probabilmente il completo mutismo dei personaggi richiedeva un trattamento di questo tipo. Detto ciò non aspettatevi ambientazioni ricche di poligoni, personaggi ultra dettagliati o totale assenza di aliasing, ma "solo" una buona pulizia video e un’ottima scelta dei colori.
    Discorso analogo anche per il comparto audio. Se i personaggi non spiccicano parola e gli effetti sonori sono molto semplici e già ampiamente sentiti, le musiche riescono a delineare ottimamente le entrate in scena dei personaggi, così come a sottolineare adeguatamente le tante rivelazioni che il gioco propone. Gli accompagnamenti musicali di piano e chitarra mantengono l’atmosfera del gioco in quello che potrebbe essere considerato un giallo che non mostra mai scene di violenza esplicita e si mantiene su toni molto blandi sebbene interessanti.
    La longevità, difetto del predecessore, è stata aumentata a circa quindici ore senza avere mai l’impressione che la vicenda sia stata tirata per le lunghe. Il problema cronico di questa tipologia di giochi si rivela piuttosto essere la rigiocabilità, incapace di stimolare l’utente una seconda volta per la mancanza di extra o strade alternative per raggiungere il finale.
    Nel complesso si tratta di una produzione di buon livello, suscettibile ancora ad ottimizzazione in un eventuale seguito, ma comunque apprezzabile e coinvolgente nonostante non si raggiungano vette d’eccellenza in nessun elemento in particolare. Consigliato in particolar modo ai conoscitori del primo episodio, ma in generale è un'esperienza ugualmente piacevole per tutti i possessori di Wii.

    Spaziogames
     
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0 replies since 9/7/2009, 09:49   103 views
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