[Recensione] Little Computer People

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    Little Computer People



    Terra. Anno 2000. Will Wright, il famoso e certamente talentuoso creatore della serie “Sim City”, annuncia al mondo la sua ultima creazione, “The Sims”, un gioco nel quale possiamo controllare a nostro piacimento la “vita” di una persona, il suo lavoro, la sua famiglia, la sua casa e tante altre cose. Grande giubilo tra gli appassionati e incassi stellari per il nostro programmatore yankee.
    Attiviamo ora la nostra Time Machine e facciamo un salto indietro di poco più di due decenni. Nel 1985, in tempi senz’altro non sospetti, David Crane, già autore degli splendidi “Pitfall”, “Pitfall II: Lost Caverns”, “Ghostbusters” e “Decathlon”, lanciava sul mercato, in collaborazione con il collega Rich Gold, quello che si può definire più un esperimento che un gioco: “Little Computer People”. Questo avveniristico software, sotto le spoglie di un normale videogioco, proponeva quello che anni dopo sarebbe diventata prassi comune per tutti i fan dei vari Tamagotchi, dei già citati “The Sims” e di tutte le loro imitazioni; ovvero curare e soddisfare i desideri e le necessità di un’entità virtuale.

    Quel genio di Crane...

    Ovviamente nel 1985 non esistevano le possibilità tecniche che Wright avrà a disposizione quindici anni dopo; nonostante questo, però, Crane riuscì a creare un piccolo mondo nel quale ammirare e vedere all’opera il nostro piccolo amico sintetico (nel caso specifico una fornitissima casa a tre piani). L’interazione col personaggio principale di “Little Computer People” non si può definire certamente di alto livello, perlomeno secondo i canoni odierni, ma era tuttavia resa in maniera efficace tramite l’uso di comandi da tastiera, semplici frasi di due parole, esclusivamente in inglese, come ad es. “play piano” (suona il piano) o “watch tv” (guarda la televisione). Impartiti questi “ordini”, lo sprite su schermo li eseguiva, anche se talvolta capitava che si dovesse ripetere più di una volta il comando prima di vederlo messo in pratica. Il nostro vicino di casa virtuale veniva inoltre accompagnato da uno scodinzolante cagnolino marrone, anch’esso controllabile da appositi ordini. A onor del vero va sottolineato che al di là dello stimolo di trovare nuovi comandi da impartire ai nostri amici, non vi erano particolari cose da fare; era più che altro il piacere di vedere sullo schermo (o meglio dentro) una vita artificiale muoversi e darsi da fare, una specie di tecnologico ed interattivo acquario insomma. A distanza di ventidue anni, comunque, “Little Computer People” riesce ancora a comunicare un senso di divertimento, di simpatia e, perchè no, di tenerezza, sopratutto considerando quanto poco poteva bastare all’epoca a noi ingenui videogiocatori per provare meraviglia e stupore, sentimenti che purtroppo i ragazzi moderni, abituati a ogni meraviglia tecnica, stentano sempre di più a ritrovare.
     
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  2. Johnk3403
     
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1 replies since 1/6/2008, 18:02   365 views
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